con la partecipazione di:
Nino Baumgartner, Andrea Bocca, Guendalina Cerruti, Maya Chamaa,
Davide Dicorato, Ramon Feller, Mida Fiore, Diego Gualandris, Jerlyn Heinzen,
Maya Hottarek, Nicola Lorini, Kaspar Ludwig, Lorenzo Lunghi, Edoardo Manzoni, Viola Poli,
Sara Ravelli, Han Sessions, Elisa Storelli, Gregory Sugnaux e Claire Van Lubeek
Dopo gli appuntamenti dedicati alla pittura e al disegno indagheremo la pratica scultorea contemporanea e attraverso quale metodologia di modellazione, se per addizione o sottrazione, questa prenda forma.
La mostra inaugurerà il 18 di maggio alle 18.30 presso la nostra sede di Via Adamini 4, al 4°piano di MOREL.
Istruzioni per l’uso:
Per seguire con questo libretto i lavori dei 20 artisti invitati ad esporre tra i 20 parcheggi presenti presso il 4° piano di MOREL Sonnenstube invita gli spettatori a prendere atto e utilizzare la tabella dipinta su due pareti: quella frontale e quella di sinistra. Per scoprire quale artista si celi dietro la combinazione di numeri e lettere della tabella basta ricordarsi di come si gioca a battaglia navale.
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INSONNE
16.05.2019
ore di sonno: 6.10 h circa
02.20– 08.30
Siete arrivati qui dopo aver finito di lavorare? O semplicemente avete preso una pausa dai vostri impegni diurni? La stanza in cui vi trovate, rinominata 4° piano, è stata il parcheggio dei dipendenti dell’autofficina Morel attiva fino a circa 30 anni fa, ora, ripopolata dopo un lungo abbandono ospita questa esposizione. Se provassimo ad immaginare, in una sovrapposizione temporale, questa sala nei due diversi momenti del suo utilizzo potrebbe succedere per esempio una scena di questo tipo: un operaio o un impiegato che accendendo la propria auto ritorna alla propria vita privata, magari pensando alla dormita che lo attende un volta arrivato a casa, si incrocia con noi che stiamo entrando a fruire della sala in modo totalmente diverso. Le tracce dell’accensione dei motori, nel momento di recarsi verso casa sono appiccicosamente presenti ancora oggi sui muri, osservando la parte inferiore dei parcheggi dove oggi si trovano le opere di venti giovani artiste e artisti, si possono ancora vedere moltissime scariche di polveri nere. La “fine giornata della giornata lavorativa” coincide con l’immaginario della vita scandita in tre atti (8 ore di sonno, 8 ore di lavoro e 8 ore tempo libero). È dando il via ai loro motori che i dipendenti di Morel si avviavano verso il momento libero della loro giornata. Una volta giunti a casa i parcheggi attendevano il loro rientro. Dormivano?
Insonni, i venti parcheggi gialli aspettano.
17.05.2019
ore di sonno: 7.45 h
11.30 – 06.45
Il gigante maculato della Savana è un animale naturalmente insonne. La giraffa ha bisogno in media di due ore di sonno al giorno. In cattività questo tempo sale fino a cinque. Il sonno di questi animali è suddiviso in blocchi da cinque minuti, raramente sdraiati dormono in piedi. Sdraiarsi a terra per la giraffa comporterebbe una complessa operazione successiva per rialzarsi, suddivisa infatti in tre passaggi che potrebbero accrescere le possibilità di un attacco da parte di un eventuale predatore.
La giraffa venne portata per la prima volta in Europa da Giulio Cesare nel 46 a.C. Troppo presto per il mammifero per essere considerato quale esempio portante della tecnologia del sonno umano e dei vari modelli che questo assunse a seconda del contesto sociale ed economico nella storia. Il sonno umano, rispetto a quello della giraffa, è personale e cambia rispetto alle esigenze del soggetto dormiente.
Lo storico statunitense Roger Ekirch, sostiene che fino alla metà dell’Ottocento il sonno avveniva in due fasi. Gli umani infatti dormivano una prima volta a partire dalle nove di sera, si alzavano in seguito per la “veglia” per poi passare al secondo sonno fino al mattino. La struttura del sonno diviso in due è stato un metodo condiviso da molte culture, tant’è che si trovano le parole primo e secondo sonno in più di trenta lingue. Secondo Ekirch la diffusione della luce artificiale ha contribuito alla sparizione della “veglia”, momento in cui si poteva mangiare, ci si dedicava alle relazioni sociali e a fare l’amore. Con la luce della prima lampadina si è accesa anche la possibile sostituzione di un ordine biologico e sociale del sonno con uno schema scientifico, misurato, finalizzato a prolungare la possibilità di lavorare e a implementare la produttività.
La paura di non riuscire a riposarsi a sufficienza prima di tornare al lavoro, di non aver accumulato abbastanza ore di sonno per la riuscita di una vita sana e senza rischi è diventata una delle grandi paure del nostro tempo. Va da se che l’insonnia, la difficoltà ad addormentarsi seppure esausti, è tracciata come una patologia oscura e anti-produttiva.
“Eravamo stanchi di qualcosa, siamo esausti di niente”*
Nel libretto “L’esausto”, Gilles Deleuze commenta quattro pièces scritte, realizzate e dirette da Samuel Beckett per la televisione tedesca tra il 1975 e il 1982. I personaggi beckettiani sono esausti, fisiologicamente sfiniti, disinteressati al reale, decrepiti, falliti: immobilizzati in posture di attesa, rattrappiti e chini. “L’esausto è molto più dello stanco…Lo stanco ha esaurito solo la messa in atto, mentre l’esausto esaurisce tutto il possibile…Solo l’esausto può esaurire il possibile, perché ha rinunciato a qualsiasi bisogno, preferenza, scopo o significato”
In questo scritto Deleuze suggerisce che sono coloro che non riescono ad abbandonare la veglia e a divenire il centro propulsivo della creatività. Esaurirsi conduce ad esaurire la produttività, non si tratta di quindi di giungere ad un qualche compimento, di arrivare al termine di una qualche realizzazione, ma di “stancarsi di qualcosa”: ovveroi esaurirne la possibilità stessa.
È nell’ambiguità fra stanchezza ed esaurimento, fra veglia e insonnia, che si muove l’esausto, colui che pone la fine ad ogni altra possibilità mettendo in atto la creazione. Rigirandosi nel letto incapace di mettere fine alla veglia l’esausto propone delle immagini possibili legate alla fine.
Se i parcheggi attendono, le giraffe non dormono, gli artisti sono esausti che succede a tutti noi? Come possiamo dormire in un mondo insonne, c’è troppo sonno o troppo poco?
18.05.2019
ore di sonno non contate
Torniamo alla sala in cui ci troviamo, rispetto alla luce abbagliante, costante e artificiale del white cube, questo ex posteggio è caratterizzato da interferenze atmosferiche molto presenti. La luce naturale che filtra dalle finestre è solo in parte rafforzata dall’ illuminazione al neon originale dello spazio. La stessa luce che vi era quando al posto delle opere, dei venti artisti, sui parcheggi le macchine aspettavano i loro autisti.
Allestendo questa esposizione ci siamo accorti della presenza di diverse tendenze che sembrano differenziare ed animare i diversi approcci poetici e pratici dediti alla forma tridimensionale scultorea.
Da notare è sicuramente la presenza di diverse opere che invadono la dimensione del design per l’uso di materiali plastici, smalti e con le possibilità create dalla tecnologia come nel caso di Gregory Sugnaux che trasporta il disegno in una dimensione digitale per poi stamparlo tridimensionalmente grazie ad una stampante 3D. Una trasposizione insita anche nel lavoro di Edoardo Manzoni che veicola lo strumento per la caccia alle allodole da oggetto d’antiquariato ad una dimensione post-modernista conferendogli un immaginario tecnologico. O per citare un altro esempio l’orologio di Elisa Storelli dove il ticchettio dei secondi che passano viene sostituito da un lento roteare quasi impercettibile.
Un’altra tendenza fa della riproduzione, o della rivisitazione delle forme, la sua caratteristica, traducendo in un nuovo materiale un oggetto attraverso un calco. In questo caso abbiamo ad esempio l’intervento di Sara Ravelli che trasforma un oggetto di cura personale come uno spazzolino in un pesante oggetto di piombo velenoso. Maya Chamaa rivisita la tomette provenzale alla ricerca di nuove forme di proliferazione. Elementi naturali e oggetti di uso quotidiano vengono riprodotti e decontestualizzatii, aggiungendo quindi una lettura poetica nella scelta del materiale o nella sua trasformazione come possiamo vedere con le sedie di Guendalina Cerruti. Rivisita invece la forma dando il suo pieno al vuoto e viceversa Davide Dicorato che costruisce e sostituisce riflettendo sulla plastica e la plasticità in una sorta di collage tridimensionale.
Si potrebbe notare inoltre la presenza di un’ulteriore tendenza quella dell’assemblaggio una categoria entro cui possiamo inscrivere sia Davide Dicorato, appena citato, che Han Session con le sue sculture antropomorfe ricavate da pezzi di scarto trovati nel laboratorio di un fabbro.
È invece tramite la quarta categoria che ci avviciniamo quindi alla tipica tradizione scultorea possibile grazie a meccanismi quali la sottrazione e l’addizione. Categoria dove possiamo inscrivere tutti i lavori eseguiti tramite la modellazione della ceramica, con Maya Hottarek e Jerlyn Heinzen ma anche Claire Van Luubek, oltre alla lavorazione del ferro come nel caso di Andrea Bocca.
La scultura si fa forma e trasforma perché infondo è l’arte o la tecnica di ricavare da un materiale una forma o una rappresentazione plastica.
“Tranquilli amici è solo sonno arretrato”
Nella scenetta di sovrapposizione temporale immaginata all’inizio c’è un terzo tempo di cui non abbiamo parlato, al presente e al passato potremmo aggiungere il futuro, che nel nostro caso significa la demolizione della stanza in cui ci troviamo.
Questa esposizione si trova sospesa quindi in uno stato di risveglio dello spazio che la ospita, diventata una veglia a cui non riusciamo a porre fine con facilità, restando svegli nell’attesa che sopraggiunga la fine non possiamo che …ommioddio devo dormire ma che cazzo scrivo, buonanotte Giada
Io sveglia da poco Giacomo, porto Janis a passeggio e penso a come finire prima della fine, buongiorno.
testo di
Giada Olivotto e Giacomo Galletti
*Dall’introduzione scritta da Giorgio Agamben
al testo “L’esausto” di Gilles Deleuze, Nottetempo, 2015
Sonnenstube è aperta per te:
Tutti i sabati dalle 14.00 alle 18.00
O su appuntamento: +41 75 407 38 04
Con il sostegno di : ProHelvetia, e Fondo Swissloss